In questa terza settimana di quaresima il vangelo di Giovanni, al capitolo 2, ci mostra come Gesù nella sua prima salita a Gerusalemme, fa un gesto sconcertante: con una sferza di cordicelle entra nel tempio e rovescia tutti i banchi dei cambiavalute e dei venditori. Questo passo si trova all’inizio del quarto vangelo dopo il racconto delle nozze di Cana, il primo segno, quello, per cui i suoi discepoli avevano cominciato a credere in lui. Attraverso questi gesti Gesù vuole accompagnare la fede di chi lo incontra e lo segue, farla crescere, fondandola e purificandola. È in questa prospettiva allora che dobbiamo leggere e comprendere il brano odierno.
Ripartire dal suo sguardo
Negli ultimi versetti del testo ci viene detto che Gesù non si fidava di loro perché conosceva bene quello che c’è nel cuore di ogni uomo. Questa annotazione finale è una sorta di lente di ingrandimento di tutto il brano, che ci mette in guardia sulle azioni umane, spesso inquinate proprio nella loro intenzionalità più profonda. Anche in altri passi della Bibbia emerge questo vizio interno all’uomo. Pensiamo a Ger 17 9-10 in cui leggiamo: Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. Nella nostra vita infatti siamo continuamente tentati dalla falsità, dagli idoli, dall’apparenza. E questo sguardo di Gesù che non si fida di noi è un buon punto di partenza. Dovremmo desiderare con tutto noi stessi che i suoi occhi ci leggano dentro, per far emergere la radiografia dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, delle intenzioni che ci muovono e che spesso non sono così immacolate e pure, anche e soprattutto quando si ammantano dei valori più santi. E come il salmista anche noi possiamo rivolgergli la nostra accorata invocazione: Scrutami Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.
Dunque leggiamo questo testo a partire dal suo sguardo, da occhi che non si fidano di noi, ma che, proprio per questo, ci salvano dalla menzogna e dalla presunzione, donandoci la consapevolezza che solo la verità ci renderà liberi. (Gv 8, 31 b)
Farci scuotere dal suo zelo
Le azioni che Gesù compie entrando nel tempio sono oggettivamente violente, e questo emerge plasticamente dai verbi e dalle parole usati: fece una fusta di cordicelle, scacciò tutti fuori, gettò a terra il denaro, rovesciò i banchi… Questi gesti aggressivi hanno una motivazione molto chiara, che sta nelle sue parole: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato. L’annotazione che si legge appena dopo sull’interpretazione dei discepoli, ci riporta allo ZELO di Gesù, come chiave di lettura importante: è il suo desiderio profondo di mettere in salvo il cuore della fede. Il tempio infatti era il luogo in cui vivere in pienezza la relazione con Dio, relazione sancita dalle famose 10 parole di cui ci parla la prima lettura. E dove erano conservate queste dieci parole incise nelle due tavole della legge? Nell’arca dell’alleanza, che si trovava nel cuore del tempio, il santo dei santi, in cui nessuno poteva entrare. Ecco che l’azione distruttiva di Gesù va a demolire l’esteriorità della fede e le sue deviazioni, per riportarci invece a una dimensione più autentica, che è la relazione tra l’uomo e Dio.
Purificazione del tempio di Alexander Andreyevich Ivanov
Ritornare a casa
Gesù vuole dare spessore alla nostra fede e per questo ci chiede di fare un salto di qualità. Dobbiamo passare da una fede – luogo di mercato – a una fede – luogo da abitare, perché possano fiorire la gratuità, la fiducia, la tenerezza. Dentro il nostro cuore si insinuano spesso atteggiamenti di arroganza, di autosufficienza, di calcolo che vengono continuamente fuori nei nostri rapporti interpersonali, sia con Dio che con gli altri. Portate via ci dice Gesù!!! Dobbiamo quindi togliere, sfrondare, fare spazio, per lasciare che emerga l’unica cosa necessaria e fondante: il rapporto col Padre.
Abbiamo sempre bisogno di guadagnare: Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti, e non verso la sete di guadagno (Sl 118, 36) e tante volte strumentalizziamo anche le cose più sacre perché ci torni indietro qualcosa. Facciamo così con Dio, quando pretendiamo segretamente che egli ci esaudisca a modo nostro o quando ci crediamo così tanto religiosi, da pensare che a noi, che andiamo a messa, che preghiamo, che apparteniamo a certi gruppi ecc. non debba mai capitare niente di male. E facciamo così anche col nostro prossimo, quando coltiviamo reclami, attese indebite, pretese e rimaniamo male se non siamo riconosciuti e ricambiati. La dinamica del tornaconto e dello scambio è molto viva in noi. Gesù invece ci vuole riportare a casa. E siamo a casa quando ci sentiamo e ci scopriamo figli, quando togliamo le maschere, quando viviamo una libertà vera, fondata sull’amore incondizionato di Dio: è lui che ci rende adulti, responsabili, maturi, capaci a nostra volta di amare gratuitamente.
Recuperare l’essenziale
Gesù ci sta dicendo: via i fronzoli, via le abitudini, via i gesti vuoti, via le mediocrità… recuperate il cuore, non lasciatevi rubare lo spazio più sacro e importante. E questo spazio sacro non è fatto di mattoni e di pietre, ma è il suo stesso corpo spezzato e donato: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere! È il tempio della nostra interiorità redenta, fondata sul Cristo crocifisso, di cui ci parla Paolo nella seconda lettura, mentre i Giudei cercano segni e i Greci la sapienza. Questo dobbiamo custodire e salvaguardare al centro della nostra vita: la sapienza della croce. Ecco la bella notizia! Solo Gesù crocifisso e risorto, con la sua Pasqua può farci fare questo passaggio e questa conversione del cuore. Stiamo parlando dell’eucaristia, non solo come sacramento, ma come orizzonte di vita, trasfigurata in Cristo.
Allora capiamo che quello che ha fatto Gesù nei versetti precedenti, è davvero un’opera di distruzione e de-costruzione, per salvare e aiutarci a salvare l’essenziale. Possiamo anche avere il tempio più bello e grande del mondo, ma se perdiamo il cuore della fede, abbiamo perso tutto. Questo è vero per qualsiasi realtà della nostra vita: per la nostra vocazione (qualsiasi essa sia), per le nostre amicizie, per il nostro lavoro. C’è sempre un’essenziale a cui tornare, da disseppellire e rispolverare, per non perdere l’orizzonte di senso in cui ci muoviamo ed esistiamo.