Un destino di bellezza   

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Un destino di bellezza   

In questa seconda settimana di quaresima il vangelo di Marco ci parla della trasfigurazione di Gesù. Questo brano e questa esperienza singolare (Mc 9, 2 – 10) è una perla incastonata tra il primo e il secondo annuncio della passione. Gesù sta guidando i suoi discepoli a comprendere, con le parole e le azioni, la sua vera identità, in cui la sua gloria più profonda (che si realizza con la risurrezione dai morti) è intrecciata alla sofferenza, al rifiuto, all’emarginazione, alla sua stessa morte. Come a dirci che la realtà luminosa della vita è innestata nelle sue stesse ombre e fatiche. E al medesimo tempo che gli eventi più faticosi e drammatici sono e devono essere illuminati dalla prospettiva e dal destino di bellezza verso cui ci muoviamo e per cui esistiamo.

Lasciamo che GESÙ SIA IL PROTAGONISTA

È Gesù a prendere l’iniziativa. Prese con sé e li condusse. E già qui siamo avvertiti che le cose più importanti e più belle, quelle che ci orientano non avvengono per merito nostro, perché siamo noi a deciderle, ma ci sono regalate nei modi forse più impensati, attraverso eventi, proposte, relazioni, persone, dentro e dietro a cui ci sta Gesù. Fondamentalmente non siamo noi la causa della gioia e della felicità a cui siamo destinati. Che non vuol dire che non dobbiamo diventare responsabili  della nostra vita. Ma fa del bene sgonfiarsi un po’ dalla nostra mania di protagonismo, e togliere potere al nostro io, a quell’egocentrismo, che ci impedisce di respirare. Tra l’altro tutto questo avviene in un monte alto e in disparte, loro soli, a dirci nuovamente che solitudine e silenzio sono davvero condizioni fondamentali per scoprire fino in fondo chi è Gesù, qual è il suo vero volto, qual è l’immagine di Dio più vera e autentica. Carlo Acutis ci direbbe: Non io, ma Dio.

Impariamo a GUARDARE OLTRE

Sul monte avviene qualcosa di grande, di divino, appunto una rivelazione, che viene espresso dal verbo passivo: Fu trasfigurato. È un’azione del Padre, non di Gesù. Egli cambia d’aspetto e i discepoli sono per così dire dotati di una vista speciale, profonda: vedono Gesù come lo vede il Padre. Le sue vesti divennero bianche come la neve…. Di una luminosità e di un biancore che non sono naturali, che nessun lavandaio al mondo riuscirebbe mai a rendere così. Questo ci sta a dire una cosa importantissima: il volto vero e autentico di Dio è sempre oltre la nostra capacità, oltre la nostra immagine, quell’immagine che noi abbiamo di lui, e che tante volte diventa un idolo. Non la comprendiamo mai completamente e totalmente. E quando ci sembra di aver capito qualcosa, ci sfugge.

Questa è anche l’esperienza di Abramo raccontata nella prima lettura, dove lui attraverso una terribile prova, fa esperienza di un Dio diverso dai popoli cananei, che sacrificavano i propri figli alle loro divinità per mantenere il possesso delle proprie cose. Il Dio della promessa invece, che gli aveva concesso il figlio inaspettato, oltre ogni possibilità, e ora sembra chiederglielo indietro, vuole portarlo a una prospettiva totalmente diversa: non un Dio capriccioso, e despota, ma un Dio che provvede, un Dio che dona e si dona, oltre ogni aspettativa.

Alleniamoci ad ASCOLTARE

Questa trasfigurazione non è solo una questione di vista, di visione, di comprensione mentale e intellettuale. In tutta la Bibbia e la tradizione ebraica, l’elemento fondamentale ci viene dall’ascolto. Infatti è proprio dalla nube, (ciò che nasconde e  confonde), che si sente la voce: Questo è il figlio mio l’amato, ascoltatelo! Ed è una voce rassicurante, che ci tranquillizza e ci rassicura. Consideriamo questa voce il nostro fendinebbia. Gesù dovrà sicuramente affrontare sofferenza, rifiuto e morte, ma sarà sostenuto e accompagnato da un Padre che lo ama, che è presente, che non lo lascerà in balia della morte, ma lo farà risorgere. Questo ci dice che la nostra fede cresce non tanto perché capiamo le cose e abbiamo tutto chiaro, ma nella misura in cui ci fidiamo, ci aggrappiamo, ci abbandoniamo a questa voce, a questo amore, a questa presenza, di cui non vediamo i contorni, ma che comunque ci tiene in braccio.

seconda-quaresima

Transfigurazione di Alexandr Ivanov

Decidiamoci a STARE CON GESÙ

Pietro se ne esce con l’espressione Che bello per noi stare qui… Non è solo perché, come dice il testo, non sapeva bene cosa dire; e non è nemmeno il rifiuto di scendere dal monte, cosa che non sarebbe stata possibile. Ma esprime bene il timore che li aveva colti, perché erano spaventati. Pietro stesso, qualche versetto prima, non voleva accettare il destino di fallimento prospettato da Gesù, quando lo aveva preso in disparte  e si era messo a rimproverarlo; destino che Gesù continua a richiamare a tutti quelli che lo vogliono seguire: Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34). Tuttavia Pietro qui intuisce una cosa importante: in questa paura, in questo naturale rifiuto ad accettare la via dolorosa, vuole stare con Gesù: l’intimità con lui è la chiave per affrontare e superare ogni paura e ogni situazione. 

Teniamo aperte le DOMANDE

Il coraggio di portare dentro di noi le domande. Mentre scendevano dal monte….essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti… è importante entrare nella propria interiorità e avere il coraggio di tenere aperte le domande che sorgono dentro di noi. Saperle custodire e serbare nel cuore, come Maria, senza la fretta di trovare subito le risposte, accettando di non comprendere fino in fondo e di rimanere per così dire sospesi, in ricerca, in cammino. 

Ecco, se con Gesù ci lasciamo condurre in questa esperienza di INTERIORITÀ, di ASCOLTO PROFONDO, di INTIMA FREQUENTAZIONE con LUI, di RICERCA SINCERA e di INTERROGAZIONE AUTENTICA , saremo trasfigurati e capaci di trasfigurare noi stessi la nostra vita: sapremo  cioè coglierne la bellezza e la profondità nel nostro quotidiano, imparando a vedere l’invisibile dentro le cose… dentro le contraddizioni, le mediocrità, il nostro stesso peccato e le nostre stesse paure. Buona esperienza di trasfigurazione a tutti!

L’ultima lettera di don Andrea Santoro, ucciso in Turchia il 5 febbraio 2006 è stata intitolata I fili d’erba crescono anche nella steppa, ed è un’esperienza concreta di trasfigurazione, perché ci fa vedere come don Andrea abbia saputo rileggere alcuni episodi della sua vita in una luce alternativa, con gli occhi stessi di Dio. 

 

 

Sr Alessandra Spinazzè, FMA
comunità Maria Ausiliatrice – Trieste dell’Ispettoria Triveneto

2021-02-28T09:05:17+01:0028 Febbraio 2021|Spiritualità|