In questo Natale, vorrei condividere con voi alcune suggestioni molto semplici, che mi sono venute rileggendo il prologo di Giovanni (Gv 1, 1-18)
Il buio disorienta
Vi è mai capitato di sperimentare un buio pesto? Un buio vero? L’esperienza della notte senza luci è sempre un’esperienza difficile da affrontare. Penso banalmente ad alcuni paesi dispersi in zone di campagna o di montagna; alla zona dove abito ora, in cui, quando capita di percorrere tratti bui, magari anche con la pioggia e la nebbia e per di più con un’auto che non abbia dei fari proprio così funzionanti, diventa realmente difficile vedere. E bisogna essere prudenti, andare piano. Mi sono anche ricordata di quando ero molto piccola e venivano quei temporali che facevano saltare la corrente. Mia nonna, che non era neanche tanto praticante, cercava subito l’olivo benedetto a Pasqua per bruciarlo: sicuramente ci avrebbe protetto dai fulmini e da tutti i pericoli. Io so che avevo una grandissima paura e ogni volta piangevo aggrappandomi alle sue gonne.
La luce nelle tenebre
Il buio disorienta, fa paura e fa anche emergere di più i rumori, a volte persino le ossessioni. È proprio in questi momenti che sentiamo il desiderio di una luce, di una presenza che conforti, protegga, dia coraggio e speranza. Nel prologo si legge: La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Ad una prima e più immediata interpretazione capiamo che (allora come oggi) non siamo riusciti ad accogliere questa luce, a interiorizzarla, anzi sembra che la parte più oscura di noi l’abbia proprio rifiutata. E dobbiamo tristemente renderci conto che spesso, persi nel nostro buio o abbagliati e attratti da altre luci, non riusciamo neanche a riconoscere quei piccoli segni di Luce che sono disseminati nelle nostre giornate.
Tuttavia, nonostante la verità di questa interpretazione, un’altra traduzione dice: ma le tenebre non l’hanno vinta. E, secondo questa diversa accezione, possiamo considerare che non è tutto perduto, perché ci è data la buona notizia che queste tenebre, per quanto scure e profonde, non possono spegnere la luce, non hanno vinto la luce. Anzi forse capita che proprio quando sperimentiamo di esserci persi, proprio allora, quei momenti di buio diventano anche delle occasioni di consapevolezza, perché proprio lì si accende in noi il desiderio della vera Luce.
La speranza luminosa del Natale
Allora con voi vorrei lasciarmi guidare dalla speranza luminosa del Natale, di questa luce che continua a splendere nelle tenebre nonostante il buio del cuore, della guerra, della miseria, della disperazione. C’è un canone di Taizè che, riprendendo una preghiera di sant’Agostino dice: Gesù Cristo, luce interiore, non lasciare che le tenebre mi parlino; Gesù Cristo, luce interiore, donami di accogliere il tuo amore. Rivolgiamoci a Lui che è realmente la luce. E pensiamo a tutti quei gesti amorevoli, a quelle piccole azioni nascoste che sono questa luce. Un sorriso, una parola gentile, un incoraggiamento, una telefonata inaspettata possono accendere la luce nelle nostre notti. Sì, lasciamoci guidare dalla speranza e abbiamo il coraggio di invocare ed essere questa luce nelle tenebre in cui siamo immersi. Impegniamoci ad accogliere questa luce e ad esserne il riflesso per noi stessi e per tutte le persone che ci vivono accanto.
Chi è Babbo Natale?
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Del Natale uno degli aspetti che, fin da piccola, mi ha sempre affascinato è proprio lo scambio dei doni. A casa mia si usava celebrare, con tanto di cena fra parenti, l’arrivo di San Nicolò il 5 dicembre. Ricordo con quanta trepidazione aspettavo l’arrivo di quest’uomo con il cappello rosso e la barba bianca, lui che aveva sempre un dono per tutti, perfino per la mia vecchia e amata nonna. Tutti lo attendavamo con ansia, emozione e trepidazione. Insieme ai pacchi e ai regali, c’era sempre qualche sacchetto con dei mandarini, delle carrube e perfino del carbone. Ahimè, a qualcuno più, a qualcuno meno era capitato di fare qualche marachella, che andava ricordata con quei pezzi neri e duri, che tuttavia noi bambini mangiavamo comunque con gusto. Di queste memorie conservo una delle più solide e autentiche convinzioni della nostra tradizione cristiana: che nella vita le cose più belle, più vere e importanti ci sono state regalate.
Il dono più grande
Non è vero che ci siamo fatti da noi e ci siamo guadagnati la salvezza. Tutte le consuetudini natalizie legate ai regali (da san Nicolò, a santa Lucia, a Gesù Bambino, a Babbo Natale, alla Befana…) stanno lì a ricordarci proprio questo: il dono più grande lo abbiamo ricevuto, non per merito, non per bravura, ma per pura gratuità. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi… Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia […]. Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. È vero: c’è sempre il rischio di fermarci all’aspetto più consumistico e superficiale dei regali. Ma la verità che sta sotto e sostiene tutto è un tesoro che dobbiamo custodire nel cuore. Lasciamoci consolare, abbracciare, portare in braccio da Dio, che viene a raggiungerci col dono più grande: il dono di suo Figlio, che rende concreto il suo amore tenero, più forte di ogni nostra miseria e povertà. E regaliamoci soprattutto il dono dell’amicizia, della comprensione, del tempo della preghiera insieme a quei meravigliosi pacchetti che confezioneremo con tanta cura.
Buon Natale allora, con questa luce che non si lascia vincere dalle nostre tenebre e che ci fa il regalo più grande: la presenza di Dio in mezzo a noi. Sì proprio in mezzo a noi, con noi, in noi. Buon Natale di cuore a ciascuno!
Lo stupore e la meraviglia del creato
Per questa settimana vi suggerisco la lettura della Laudato si’ dal numero 76 al 100, all’interno del capitolo Il vangelo della creazione.
Secondo la comprensione cristiana della realtà, il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine: Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1,16). Il prologo del Vangelo di Giovanni (1,1-18) mostra l’attività creatrice di Cristo come Parola divina (Logos). Ma questo prologo sorprende per la sua affermazione che la Parola si fece carne (Gv, 1,14). Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce. Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto, nell’insieme della realtà naturale senza ledere la sua autonomia. (LS 99)