Ogni alunno ha bisogno di sviluppare i propri talenti e di potenziare le proprie capacità. La Scuola Salesiana si dispone a cogliere le sfide della complessità e a rispondervi mettendo in campo i cardini del Sistema Preventivo: la spiritualità, la ragionevolezza e la benevolenza.
Provo ad entrare più in profondità nel secondo punto del Manifesto che richiama i tre cardini del Sistema preventivo di Don Bosco, riferimento educativo chiave per tutte le scuole salesiane. Parto con qualche domanda: a cosa serve la scuola? Che cosa è la scuola buona? Che cosa insegna la scuola? Perché alle parole studiare, scuola, aula, ai nostri bambini, ragazzi, giovani, viene spesso l’orticaria? Non basta di certo inserire la tecnologia per ovviare a quella che a mio parere è la vera questione pedagogica: come risvegliare in ciascuno la passione e il desiderio di imparare, educando alla meraviglia e al senso critico.
Una testa ben fatta
Studium: studiare, applicarsi, ma anche meravigliarsi, stupirsi, appassionarsi, non semplicemente riempire la mente e accumulare saperi. Forse proprio per questo cresce l’alienazione riguardo allo studio e al desiderio di cultura. E ogni insegnante questo lo dovrebbe sapere bene. Il filosofo Edgar Morin nei suoi molti libri tra i quali La testa ben fatta richiama quanto affermava Montaigne: è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena. Cosa significhi una testa ben piena è chiaro: è una testa nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato, e non dispone di un principio di selezione e organizzazione che gli dia senso. Una testa ben fatta significa che invece di accumulare il sapere è molto più importante disporre allo stesso tempo di pensiero critico riguardo il come pensare piuttosto che cosa pensare. E ancora, nel suo ultimo libro, Morin fa un accorato appello, quasi una chiamata alle armi, per un’educazione capace di sviluppare il pensiero critico per poter vivere bene e con sapienza il tempo che abitiamo e i continui cambiamenti che ci sono richiesti.
Pensare criticamente e in compagnia
Io credo che la scuola, e ancor di più la scuola salesiana, abbia come compito prioritario quello di insegnare ai ragazzi a usare la ragione, a pensare, a porsi domande, a risolvere problemi, a interrogarsi sul senso delle cose, a riflettere. Lo diceva anche Kant: il maestro non può insegnare pensieri, ma deve insegnare a pensare. Oggi, purtroppo, su qualsiasi tema, si ha spesso la tendenza ad accettare il parere della maggioranza senza fare verifiche personali, senza approfondire, senza leggere, senza consultare le fonti, senza interrogare la storia. Proprio per la spinta all’omologazione che la società impone, la capacità di pensare e di esprimere in modo critico il proprio pensiero sta diventando una capacità fondamentale. E quando dico pensare criticamente non mi riferisco innanzitutto al classico slogan “pensare con la propria testa” con il quale spesso contrabbandiamo il pensiero critico. La scuola salesiana educa a pensare non solo con la propria testa ma a pensare in compagnia, dentro le tradizioni, innestati in una pluralità di studi che attraversano il tempo, le epoche, la storia. Ecco il senso dello studio e delle discipline a scuola. Se non insegniamo ai nostri ragazzi a confrontare il proprio pensiero con quello degli altri, con la storia, con chi ha formato e influito su certe idee come li aiuteremo a filtrare le cose, a vagliare tra tanti scenari che si presentano? Se non li stimoliamo a raccogliere quello che è stato detto, scritto, pensato di significativo su una certa questione come li aiuteremo a orientarsi nelle scelte?
Ragione al centro dell’educazione umana
Il Sistema Preventivo nel suo programma di vita pone proprio la ragione al centro dell’educazione umana perché crede nell’uomo, nella sua capacità di apprendere, di decidere liberamente. È un atto di fiducia e ottimismo nella persona. Don Bosco, infatti, intendeva la ragione come strumento per sapersi orientare in autonomia, per imparare a chiedersi il perché delle cose sapendo scegliere tra tanti pensieri, opinioni, idee, per saper valutare le situazioni con attenzione. Nei ragazzi va stimolata la profondità di pensiero, la ricerca, va indicato di scegliere bene la propria compagnia intellettuale, di viaggiare insieme a persone che sappiano metterci a disposizione qualcosa che ci aiuta a crescere, a vivere, a comprendere la realtà in cui viviamo. L’impegno della scuola salesiana è dunque, quello di educare a pensare, a saper guardare oltre, a osservare, ascoltare e riflettere, a pensare criticamente con cura e in compagnia, con intelligenza e serietà ciò che ci è stato trasmesso, soprattutto in termini di valori e criteri per giudicare meglio le cose. E Don Bosco conosceva il potere buono della scuola per aprire la mente e insegnare la fatica e la bellezza del pensare. Guai se priviamo qualcuno di questo dono straordinario, di questo ambiente educativo che può davvero fare la differenza nella vita di un ragazzo. C’è chi fieramente prova a farci credere che la crisi che stiamo vivendo renda più legittimo e accettabile il lesinare risorse per la scuola. Credo non ci sia convinzione più pericolosa di questa. Don Bosco invece sapeva bene, e lo sappiamo anche noi, che i soldi meglio spesi sono quelli investiti nell’istruzione e nella formazione dei ragazzi, nella proposta di luoghi dove inciampare in belle esperienze, così belle da farti venire il gusto e il desiderio di metterti in gioco, di scoprire chi sei e ciò per cui sei fatto, di darti da fare per conquistare qualcosa che senti pertinente con la tua vita e con i tuoi desideri più profondi.
Amare Dio e di prendersi cura degli altri
Alla ragione Don Bosco aggiunge un principio metodologico di base, quello dell’amorevolezza che per Lui equivale a costruire fiducia, confidenza e amicizia attraverso un atteggiamento, non facile, di prossimità ai ragazzi e ai giovani. L’amorevolezza è quella bontà simpatica, quotidiana, affettiva ed effettiva che desidera il bene per la persona, ossia farla incontrare con Cristo, risposta alla sete di senso. Educare la ragione, sì, ma non basta. E’ necessario educare a pensare in modo critico per rendere l’uomo capace di amare Dio e di prendersi cura degli altri, di questo mondo. A cosa servirebbe altrimenti studiare, conoscere, imparare solo per se stessi? Si impara meglio e con più gioia servendo gli altri, si apprende in modo più significativo se quello che impariamo lo mettiamo a servizio degli altri, del territorio in cui viviamo. Ecco allora che coniugare ragione, amorevolezza, incontro con Dio, per usare le parole di Don Bosco, ha un suo senso, quello di rendere la scuola un luogo di crescita integrale, dove ciascuno si sente un pezzo unico e originale, dove è un piacere conoscere e condividere con gli altri le proprie scoperte, imparare e sviluppare il proprio talento e portare a frutto le proprie capacità.
Concludo con quanto affermava Don Bosco rivolgendosi al gruppo di cooperatori salesiani di Torino nel maggio del 1878: Volete fare una cosa buona? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù. Volete fare una cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare una cosa divina? Educate la gioventù. Anzi questa, tra le cose divine, è divinissima. Sta qui la ricchezza e la bellezza del Sistema Preventivo, attuale e vivo nelle nostre Scuole più che mai davanti alle emergenze educative e alle nuove sfide del terzo millennio.