Ascoltatelo!

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Ascoltatelo!

In questa seconda domenica di Quaresima il vangelo è quello della trasfigurazione secondo Matteo, che colloca questo evento all’interno dei due annunci della passione (Mt 16, 21-23 e Mt 17, 22-23).  Molte volte abbiamo interpretato questo brano come una specie di anticipo di Paradiso, in cui Gesù fa sperimentare ai suoi discepoli la sua gloria, per aiutarli ad affrontare la dura prova della Pasqua. È necessario però andare un po’ più a fondo, per comprendere meglio.

Attraversati da una domanda

Sei giorni prima Gesù, a Cesarea, aveva interrogato i discepoli sulla sua identità (Mt 16, 13 ss) mettendoli di fronte alla necessità di dare una risposta personale, non generica e asettica.  Non basta accontentarsi di ciò che dice o pensa la gente. Aveva parlato per tutti Pietro affermando Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente e meritandosi un elogio importante prima, per poi essere severamente sgridato subito dopo, quando non riesce ad accettare il destino di sofferenza e di morte, prospettato dal maestro. 

L’evento della trasfigurazione è dunque qui la conferma da parte di Dio sull’identità di Gesù. Non basta che noi cerchiamo di dare la nostra risposta: abbiamo bisogno che Dio ci confermi e ci faccia fare esperienza reale della sua bellezza, della sua luce, della sua grandezza. 

Possiamo chiederci: quali sono i luoghi, le esperienze, i modi attraverso cui Dio ha confermato e sta confermando la sua identità nella nostra vita? È importante che noi ci fermiamo per riconoscere le manifestazioni di Dio, per poterlo ringraziare e lodare, contemplando la sua grandezza e la sua gloria. Confessare la nostra fede in lui (e lo facciamo ogni domenica recitando il credo) non è solo la recita di una formula, ma la postura di chi ogni giorno è chiamato a chiedersi chi sia Gesù per lui e a cercare le proprie risposte aderendo alla sua persona, attendendolo come aiuto, scudo, amore a cui aggrapparsi con speranza (cfr il salmo 32/33).

Legati a una promessa

In questo brano Dio anticipa la gloria del Figlio, mostrandoci Gesù nel suo volto luminoso e nelle sue bianchissime vesti. Ma non è solo una semplice anticipazione. Qui si vuol far vedere l’inscindibile nesso tra passione, morte e risurrezione. È come se l’evangelista, incastonando questo brano tra i due annunci della passione, ci volesse mostrare che la meta è già presente nel cammino, che il destino di bellezza e di gloria a cui siamo chiamati è dentro le pieghe di dolore e sofferenza della nostra vita quotidiana. Nel mezzo e nel fondo delle nostre fatiche, dobbiamo tenere accesa la speranza della risurrezione. Solo così potremmo trasfigurare, cioè trasformare, il nostro sguardo, per vivere nella prospettiva della Pasqua che è venuto a portarci Gesù. 

Anche la prima lettura, proponendoci la figura di Abramo, è incentrata sulle promesse di Dio, che ingiunge il suo comando a lasciare terra e parentela per andare verso le sue benedizioni. Abramo è qui figura dell’uomo credente e sappiamo che è considerato padre della fede di una numerosa e variegata discendenza. Solo la fede ci permette di abbandonare le nostre sicurezze per abbracciare gli orizzonti di Dio. In questo brano non si parla che di benedizione, estesa tra l’altro a tutta la discendenza. È una benedizione che non viene mai meno e che non dipende senz’altro dagli uomini e dalla loro condotta. 

Allora ci chiediamo: quanto siamo capaci di abbandonarci alla volontà di Dio nelle vicende che attraversiamo? Quanto siamo capaci di affidarci a questo Dio che ci benedice e promette di attuare comunque il bene?

Invitati all’ascolto

Un’ultima annotazione riguarda ciò che i discepoli hanno non tanto visto, ma sentito, perché dalla nube luminosa (come tra l’altro nel Battesimo) è uscita una voce importante: Questi è il figlio mio, l’amato. In lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo. 

La rivelazione si accompagna qui a un invito molto preciso e puntuale: l’ascolto di Gesù. Ascoltare (dal latino obaudire) è un’esperienza molto profonda che mette in moto il cuore, le mani e i piedi. Ascoltare qualcuno non significa soltanto sentire le sue parole, ma accoglierlo, seguirlo, entrare nel suo mondo, per comprenderlo, aiutarlo, fare un pezzo di strada con lui. Nel vangelo ha a che fare con la pratica della vita, che ci coinvolge in modo molto concreto. L’ascolto a cui siamo chiamati è la testimonianza più potente che possiamo dare al mondo, perché non si riduce a sterili parole (che tra l’altro Gesù proibisce dicendo Non parlate a nessuno), ma diventa il nostro abito interiore, la nostra antenna, la nostra segreta bussola. 

Prendiamoci dei tempi e degli spazi per fare silenzio, per ascoltare e interiorizzare la Parola, per farla risuonare, in modo che trasfiguri la nostra vita dal di dentro e possiamo realmente essere trasparenza di Dio, così come lo è Gesù, il figlio amato, che ci introduce nel cuore stesso del Padre. 

 

 

Sr Alessandra Spinazzè, FMA
comunità 
Maria Ausiliatrice – Percoto dell’Ispettoria Triveneto

2023-03-04T09:09:08+01:0004 Marzo 2023|Spiritualità|