In questa domenica delle Palme ci è presentato il racconto della passione nella versione di Matteo, che inizia con l’ombra del tradimento di Giuda (26, 14 – 16) e subito dopo con l’invito ad accogliere la Pasqua di Gesù (26, 17-19). Lascio sullo sfondo questi due riferimenti, perché secondo me ci aiutano ad entrare nella settimana santa con la postura giusta: da un lato la consapevolezza della nostra grande fragilità, con la tentazione di rifiutare e di opporci alla salvezza, dall’altra il desiderio di preparare il cuore, cercando di ospitare il Signore e il suo destino. Queste due tensioni attraversano tutto il brano:
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Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni? (v. 15)
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Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli (v. 18)
La prima tensione sta a indicare la debolezza della nostra libertà, che è sempre tentata dalla diffidenza, dalla sete del guadagno, dalla scorciatoia del tornaconto. In fondo, se ci guardiamo bene, possiamo riconoscere dentro di noi le fatiche, i lacci e le forze che ci legano e ci impediscono di accogliere la vita, di promuoverla, di farla fiorire.
La seconda tensione indica invece il nostro orientamento al bene, quando riconosciamo che qualcuno ci fa una proposta bella: questo mette in moto la nostra intraprendenza, il nostro coraggio, la nostra creatività e il nostro entusiasmo che ci spingono verso la luce, la bellezza, la verità.
Queste due tensioni sono drammaticamente intrecciate e vorrei sottolineare alcuni momenti in cui emerge questa lotta.
Resta con me
Non è solo la nostra fatica, ma anche la fatica di Gesù. Dentro l’esperienza della tristezza e dell’angoscia, si appella alla forza dell’amicizia, Restate qui e vegliate con me (v. 38), e della preghiera, si prostrò con la faccia a terra e pregava (v. 39). Eppure i discepoli si addormentano, probabilmente per la pesantezza della cena, per la stanchezza e per l’incomprensibilità di una situazione indecifrabile, ma anche per una certa superficialità e negligenza. Gesù davanti al loro cedimento dice: Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole (v. 41). Ci sono certe situazioni in cui nessuno ci sostiene, nemmeno gli amici o gli affetti più cari, anzi, molto spesso sono le relazioni più intime quelle in cui ci sentiamo più minacciati e in cui, paradossalmente, sperimentiamo le ferite più grandi. Ecco, in queste situazioni estreme, Gesù ci insegna da un lato ad esprimere tutta la nostra frustrazione, dall’altro ad abbandonarci, a mollare il timone, a lasciare il controllo della nostra vita a qualcuno che con certezza si prende cura di noi. Proviamo a pensare a tutte quelle situazioni intricate, in cui risulta quasi impossibile trovare soluzioni e sperimentiamo tutta la nostra impotenza. Con che spirito possiamo rimanere dentro questi problemi e queste difficoltà? Spesso siamo presi dall’ansia, dalla paura, o dalla stanchezza. Anche Gesù attraversa queste circostanze e il Vangelo ci dice che le affronta insistendo nella stessa preghiera per la terza volta ripetendo le stesse parole (v.44): Padre mio, se questo calice non può passare da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà (v. 42).
Ho ripensato a Dietrich Bonhoeffer e alla sua preghiera negli ultimi momenti della sua vita, quando era in carcere e sapeva che probabilmente sarebbe stato giustiziato:
Al cominciare del giorno, Dio ti chiamo. Aiutami a pregare e a raccogliere i miei pensieri su di te: da solo non sono capace. C’è buio in me, in te invece c’è luce; non solo, ma tu non m’abbandoni; non ho coraggio, ma tu mi sei d’aiuto; sono inquieto, ma in te c’è la pace; c’è amarezza in me, in te pazienza; non capisco le tue vie, ma tu sai qual è la strada. Padre del cielo, siano lode e grazie a te per la quiete della notte, siano lode e grazie a te per il nuovo giorno. Signore, qualunque cosa rechi questo giorno, il tuo nome sia lodato! Amen
Un cuore riconciliato
Un altro elemento presente nel Vangelo di Matteo è il ripudio della violenza e dell’uso delle armi. Solo lui riporta la frase in cui Gesù rimprovera uno di quelli che erano con lui, per aver colpito il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio: Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada (v. 52). È facile qui pensare ai diversi conflitti sparsi in tutto il mondo, dall’Ucraina, alla Siria, alle guerre civili in Africa ecc… In realtà Gesù rimprovera uno dei suoi. Dobbiamo sentire rivolto proprio a noi questo suo monito. Infatti il nostro cuore è abitato dalla voglia di spuntarla, di avere ragione, di far valere i propri diritti e di affermarsi a spese degli altri. I modi per vendicarsi davanti ai torti subiti a volte sono molto sottili. Quanto è presente in noi la sete di vendetta? Quanto sappiamo accogliere e restituire il perdono? Non sono vie facili, ma è necessario che ci mettiamo seriamente a camminare verso quest’apertura del cuore, a piccoli ma decisi passi, dietro il nostro maestro, per vivere da veri discepoli. Certo è che c’è una lotta da ingaggiare, non tanto contro nemici esterni, ma contro noi stessi: un cammino di onestà, di amore autentico per lasciar andare tutte le nostre resistenze e rigidità, chiamandole per nome.
Scrive Frère Roger: Tu che senza voltarti indietro, vuoi seguire il Cristo, preparati, in una vita del tutto semplice, a lottare con un cuore riconciliato. Là dove tu sei posto, non aver paura della lotta per gli oppressi, che siano credenti o no. La ricerca della giustizia esige una vita di solidarietà concreta con i più poveri […] da sole le parole possono diventare una droga. Qualunque cosa ti costi, preparati anche alla lotta in te stesso, per essere trovato fedele al Cristo fino alla morte. Grazie alla continuità di un’intera vita, si costruisce in te un’unità interiore che permette di superare ogni ostacolo. Lottare con cuore riconciliato suppone di saper vivere nel bel mezzo delle più forti tensioni. Lungi dal soffocare le tue energie, una tale lotta ti spinge a racimolare tutte le forze vive. Forse le tue intenzioni verranno travisate. Ma se rifiuti il perdono, se rifiuti la riconciliazione, che cosa rifletti della luce di Cristo? Senza la preghiera per il nemico, quali tenebre in te! Se perdi la misericordia, hai perduto tutto. Da solo non puoi far granché per l’altro. Ma insieme, in comunità, permeato dal soffio dell’amore del Cristo, s’apre un passaggio dall’aridità alla creazione comune. E quando una comunità è fermento di riconciliazione in quella comunione che è la Chiesa, l’impossibile diviene possibile. Cerchi di essere lievito nella pasta, cerchi di amare la Chiesa, e ti imbatti in divisioni interne che giungono fino a smembrare il corpo di Cristo, la sua Chiesa. Ciò che contraddistingue i cercatori di riconciliazione è il fatto che, al seguito del Cristo, desiderano più portare a compimento che abolire, più capire che esortare. Rimangono sempre all’interno finché si trasfigurano le fragilità stesse della chiesa. Lungi dall’accendere fuochi di paglia, dona la tua vita fino in fondo, e diverrà giorno per giorno creazione con Dio.