Al centro del Vangelo della terza Domenica di Quaresima c’è la parabola del fico sterile: da tre anni il padrone attende inutilmente dei frutti e, per questo, deciderà di far tagliare l’albero. Al contrario, il contadino sapiente, che porta fiducia e speranza nel suo cuore, invita ad attendere un ulteriore anno, in modo da avere il tempo necessario per zappare e mettervi attorno il concime. Viene data alla pianta un’altra occasione per poter vederne i frutti.
“Lascialo ancora quest’anno… vedremo se porterà frutti per l’avvenire” (Lc 13, 8-9).
La parabola del fico sterile ci induce a ripensare il nostro modo di vivere. Attendere i frutti, portare fecondità nelle nostre vite vuol dire avere una vita buona, piena, che ci porti a realizzare quel progetto di felicità che Dio ha per ciascuno di noi.
In senso letterale per fecondità si intende la capacità di concepire una nuova vita. La fecondità può però anche essere materiale quando parliamo ad esempio di produrre opere, servizi o progetti. Infine può anche essere spirituale e consiste nel dare vita agli altri: come la speranza coltivata nel cuore del contadino porta il fico a dare i suoi frutti, allo stesso modo la speranza coltivata nei nostri cuori porta fecondità nelle nostre vite e in quella degli altri.
La pazienza è la virtù dei forti
Nel film Non è mai troppo tardi Carter Chambers, uno dei due protagonisti della storia, riesce a fare esattamente questo: nonostante i suoi continui problemi di salute legati al cancro, riesce a restituire a Edward Cole, suo compagno di stanza in ospedale, il senso della vita.
Ci siamo dati un po’ di gioia a vicenda. Non c’è modo per ripagare tutto ciò che tu hai fatto per me perciò, anzichè provarci, ti chiederò di fare ancora una cosa per me: trova la gioia nella tua vita. Mi ha salvato la vita senza che io me ne rendessi conto. […] So che quando è morto i suoi occhi erano chiusi ma il suo cuore era aperto. (Carter Chambers)