L’unica via!

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L’unica via!

Eccoci giunti a questa domenica delle palme che, con i testi della passione secondo Marco, ci fa entrare nella settimana santa, il cuore del Vangelo e della fede.

La via dello spreco

Il vangelo inizia proprio con l’unzione di Betania: Gesù è a casa di Simone, il lebbroso e nel bel mezzo della cena giunge una donna che versa sul suo capo un profumo molto prezioso: aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo (Mc 14,3). Questo gesto sa di eccedenza, di gratuità, di spreco. Nella nostra vita le cose più belle e più vere avvengono sempre perché c’è uno spreco, o meglio perché decidiamo nel nostro cuore di perdere tempo, denaro, energie dietro a qualcosa e a qualcuno senza badare troppo alle spese. Quando invece calcoliamo, facciamo conti e programmi in cui prevalgono i numeri e le misure, la logica è quella del risparmio e alla fine ne perdiamo sempre e soprattutto ci perdiamo.

1 coordinata: lo spreco verticale, quello che ci ha permesso di venire al mondo. Tutti noi in fondo non abbiamo fatto proprio niente per essere qui e questo debito incolmabile, tra le tante cose che può fare, ci può indurre alla riconoscenza e alla gratitudine, a quel sentimento di stupore, che poi muove la nostra creatività, la nostra lode e la nostra contemplazione. Fermiamoci dunque a riconoscere le diverse occasioni in cui ci è stato dato molto di più di quanto noi stessi abbiamo meritato: da parte dei nostri genitori, degli amici, delle mille opportunità che ci sono state regalate. Non è forse vero che siamo un po’ tutti Giuda, Pietro, Pilato…? Ripercorrere questi eventi, immedesimarci nei diversi personaggi che incontriamo in questa passione, ci aiuta a comprendere il bisogno di amore che ci portiamo dentro, di perdono e di misericordia.

2 coordinata: lo spreco orizzontale, quello che potremmo chiamare di restituzione, anche se questa parola non è bella perché in qualche modo rimanda a una logica di mercato e di scambio, siccome tu mi hai fatto questo, allora io ricambio con quest’altro. Sì è vero che anche quel restituire che nasce dal sentirsi in debito ha un suo perché, ma in fondo ciascuno di noi è chiamato ad amare in eccedenza, a superare la logica del tornaconto, a porre dei gesti di gratuità, che realmente ci fanno figli del Padre. Quanto tempo, quante energie, quanti sforzi e iniziative apparentemente inutili fanno la storia del nostro quotidiano! Soprattutto perché tante volte le ciambelle non riescono col buco e ci pare di girare a vuoto, di non ottenere un ragno dal muro, come si suol dire. Chi di noi ha figli o lavora in ambito educativo lo sa bene. Ma questo avviene in tutte le relazioni. Del resto se noi dovessimo comportarci in un certo modo solo in base ai risultati, alle risposte ricevute, e a criteri di efficienza la vita perderebbe quella bellezza e quella gratuità date dalla cura del superfluo. Ci sarebbero più soldi ma meno fiori. Lasciamoci pertanto raggiungere dallo spreco di amore che Dio ha per noi in Gesù e proviamo a riconvertire il nostro cuore a questa logica di libertà e di dono autentico.

La via della carne e del corpo donati

I discepoli a un certo punto chiedono a Gesù: Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua? Il verbo usato è proprio quello legato al cibo. Certo, si sa, per gli ebrei la Pasqua era un rito che evocava i grandi eventi della liberazione e del passaggio, attraverso una vera e propria cena. La Pasqua si mangia. Mi piace questo verbo. Non solo perché sono una cultrice del buon cibo e della buona cucina, ma perché il gesto del mangiare dice una cosa quotidiana, concreta, legata alla vita di tutti i giorni. Il cibo entra nel nostro corpo e, attraverso il processo della digestione e del metabolismo, ci fa vivere, si trasforma nella nostra carne, nel nostro sangue. Tuttavia è molto di più di un processo chimico. È quel cibo che noi prepariamo, che è frutto della nostra fatica e del nostro lavoro, che noi consumiamo insieme agli altri, nella gioia e nella fatica della fraternità; è quel cibo sacramentale che è l’eucaristia, la presenza reale non solo e non tanto nell’ostia consacrata, ma nella carne e nella storia spesso crocifissa degli uomini e delle donne di oggi. Dobbiamo forse essere meno devoti, per tornare ad essere più carnali, se vogliamo vivere pienamente il senso dell’eucaristia, se vogliamo che la fede realmente ci umanizzi, ci parli e trasformi la nostra vita concreta. Scrive Arturo Paoli: “Il centro dell’Eucarestia non è Gesù persona, ma il suo corpo mistico: il centro siamo noi. Il senso dell’Eucaristia va cercato nella comunità cristiana che partecipa all’Eucaristia (…) Essere uomo vuol dire riconoscere che siamo esseri relazionali e responsabili delle relazioni. L’Eucaristia, che è sempre stata vista come un atto angelico, superiore, metafisico, è in realtà un atto profondamente umano e carnale. Non sarà proprio per questo che Gesù insiste con queste parole forti: mangiate la mia carne, bevete il mio sangue? È proprio l’essere carnale ad assumere un nuovo orientamento, non più rivolto verso di me, ma dato agli altri”.

Domenica-Palme

Gesù crocifisso di Alexander Andreyevich Ivanov

La via della scelta

In questa settimana vivremo delle celebrazioni comunitarie, con gesti e riti, che hanno un forte significato, che coinvolgeranno la nostra corporeità: i rami di ulivo, la lavanda dei piedi, il bacio della croce, il digiuno… E anche in tempi di pandemia saranno riproposti, pur nella riduzione e nel contenimento dovuto alle restrizioni che ben conosciamo. Questo ci ricorda che la salvezza è una realtà integrale, che coinvolge tutto di noi e tocca la carne, il corpo delle persone. Non si tratta tanto di capire, ma di entrare, di farsi coinvolgere, di compiere atti. Allora mi chiedo: come voglio vivere questa Pasqua, come mi voglio preparare? Da cosa scelgo di lasciarmi nutrire? Cosa decido di fare? Dove il fare non è mai una serie di opere vuote, esteriori, ma parte dal cuore, dall’interiorità e permea tutta la nostra persona. Mangiare la Pasqua vuol dire anzitutto percorrere con Gesù i suoi ultimi momenti, gli incontri, i sentimenti, le parole, gli sguardi: entrare con lui nel vivo della sua passione e della sua morte. Lasciamoci  trasformare dal suo modo di affrontare la solitudine, la sofferenza, il rifiuto, la violenza, il dramma dell’amicizia rinnegata e tradita. Lasciamoci trasformare dal suo modo di perdere la vita e di donarla fino all’estremo. 

La via del crocifisso

Qui a Trieste (per la verità verso Duino) c’è un posto davvero speciale, molto suggestivo, in cui spesso amo ritornare: è la chiesa di san Giovanni in Tuba. La sua particolarità è che sorge proprio alle foci del Timavo, questo fiume carsico che dopo essersi nascosto nei meandri terra, torna in superfice poco prima di gettarsi in mare. Mi piace molto per diversi motivi. Anzitutto è una chiesa spoglia e semplice. Entrare lì dentro è come tornare all’essenziale, senza maschere, senza fronzoli, senza orpelli inutili. Il crocifisso che si staglia umile nella nuda e fredda pietra è come una bussola. E quest’abside in cui l’acqua risorge fresca e zampillante è  un grembo in cui vale la pena fermarsi per riprendere vita. Quelle pietre marmoree e gelide ricoperte dal muschio verde ti fanno percepire che Gesù crocifisso è realmente l’acqua sorgiva, che nel cuore della morte risorge il miracolo della vita. Contemplando la passione del Signore celebriamo davvero la potenza umile della croce, che ci salva e ci fa rivivere. Noi siamo quelle pietre fredde e morte che Gesù vuol tornare a vivificare. 

Vi lascio con le parole e le note di questa bellissima preghiera messa in musica da Frisina: ci aiutino ad entrare in questo mistero di grazia e di amore. 

ANIMA CHRISTI, SANTIFICA ME, CORPUS CHRISTI, SALVA ME. SANGUIS CHRISTI, INEBRIA ME, ACQUA LATERIS CHRISTI, LAVA ME. 

Passio Christi, conforta me. O bone Iesu, exaudi me. Intra vulnera tua absconde me.
Ne permittas a te me separari. Ab hoste maligno defende me. In hora mortis meæ voca me.
Et iube me venire ad te, ut cum sanctis tuis laudem te, per infinita sæcula sæculorum. Amen.

Buona Pasqua a tutti noi! Nascosti nelle sue ferite, uniti alla sua passione e morte, potremo risorgere con lui.

 

 

Sr Alessandra Spinazzè, FMA
comunità Maria Ausiliatrice – Trieste dell’Ispettoria Triveneto

2021-03-28T09:26:22+02:0028 Marzo 2021|Spiritualità|