Nella prima domenica di quaresima, siamo messi di fronte, come sempre, alle tentazioni di Gesù. Tutti e tre gli evangelisti collocano questo evento dopo il Battesimo, a dirci che l’esperienza delle tentazioni, della lotta contro il male è una realtà da affrontare facendo riferimento a Dio, immersi nello Spirito e nella sua Parola. Infatti un elemento importante è proprio il fatto che Gesù è condotto nel deserto dallo Spirito per essere tentato dal diavolo.
Una presenza che salva
La primo elemento dunque è la presenza dello Spirito, quello Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo e senza la cui forza in realtà non possiamo nulla. Sembra strano, ma questa delicata e invisibile presenza è una realtà molto importante a cui dobbiamo consapevolmente riferirci, invocandola nel profondo del nostro essere, perché ci guidi, ci illumini e ci orienti nella concretezza delle nostre scelte e nelle situazioni intricate che spesso viviamo. La presenza dello Spirito è la prima arma contro il male, perché è la memoria viva della presenza di Dio nella nostra storia, l’unico modo per superare il predominio ingombrante del nostro io, che di fatto ci fa credere di essere protagonisti e autori della vita. Nella prima lettura, che è il racconto della caduta (Genesi 3), si vede molto bene come agisce il serpente, attraverso la menzogna. Ecco lo Spirito ci riporta invece alla verità delle cose, facendoci rimanere al nostro posto, custodendo in noi la fiducia in Dio, generando in noi quella confidenza che è beatitudine, appunto come recita l’antifona al salmo del giovedì dopo le ceneri: Beato l’uomo che confida nel Signore (cfr. Sl 1).
Il secondo elemento importante è il deserto, come luogo di silenzio e solitudine, realtà fondamentali nella frenesia e nella verbosità dei nostri giorni. Riporto queste parole di don Tonino Bello, che ne esplicitano bene il senso: Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare. Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto. Nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la conversione, l’amore, il sacrificio. Quando il sole si eclissa pure per noi, e il Cielo non risponde al nostro grido, e la terra rimbomba cava sotto i passi, e la paura dell’abbandono rischia di farci disperare, rimanici accanto. In quel momento, rompi pure il silenzio: per dirci parole d’amore!
Il terzo elemento è la lotta contro il diavolo, che è per eccellenza colui che divide. E, se guardiamo bene alla nostra vita, ci sono tantissime divisioni dentro e fuori di noi: è molto importante saperle riconoscere, dare loro un nome, identificarle, per poterle affrontare e superare. Le tentazioni sono dei momenti di prova, che, proprio come tali, provano l’autenticità della nostra vita, e ci avvengono proprio perché possiamo andare a fondo di chi siamo e, faticosamente, raggiungere la nostra dignità e il nostro valore più profondi. Guardiamo a Gesù, per poter imparare il suo stile e il suo modo di attraversare e vincere queste prove.
Fragilità o potenza?
Non mi soffermerò sulle tre tentazioni in sé e per sé (quella legata al pane, l’asservimento di Dio all’io e il potere), ma su alcune costanti su cui dobbiamo vigilare.
La prima è la questione della nostra fragilità e nudità affrontate con il nostro solito delirio di onnipotenza. Il diavolo vuole farci credere che noi non siamo fragili, nudi, limitati, ma che in fondo, sotto sotto, siamo dei super uomini e delle super donne, che possono tranquillamente driblare la fatica, i dubbi, le necessità, le debolezze. In fondo è lo stesso peccato di hybris (tracotanza) degli antichi greci e degli uomini di tutti i tempi e di tutte le latitudini. A questo grande peccato, che ci portiamo dentro, la Parola ci insegna a contrapporre invece l’accettazione della nostra nudità. Scrive Fernando Armellini – L’incapacità di risolvere tutti i problemi, i momenti di abbattimento e di depressione, le debolezze fisiche e psicologiche, l’ignoranza, la malattia […] non sono motivo di vergogna, non sono sconfitte: sono la nudità dell’uomo, sono la sua condizione naturale. L’uomo sano non si vergogna di questa nudità, la riconosce, la accetta serenamente, la ama e la gestisce. È il serpente che si cela in ognuno che spinge a rifiutarla, a considerarla una sciagura, che istiga ad avanzare la pretesa di essere perfetti e senza limiti, come Dio -. L’uomo Gesù, accetta di attraversare radicalmente la propria umanità e impotenza, rimanendo profondamente e radicalmente aggrappato a Dio.
Riscoprire la fede in Gesù
La seconda grande questione è la strumentalizzazione della fede, che è una tentazione molto presente in tutti i credenti. Il diavolo, molto astuto infatti, non ci tenta solo, spingendoci a cose apertamente malvage, ma utilizza addirittura la Parola di Dio, le cose più sante, la nostra stessa vita di fede, per indurci ad abbandonare la fede in Lui. È una cosa paradossale, eppure è proprio così. Noi pensiamo, che siccome siamo quelli bravi, che vanno a messa, che aiutano gli altri, che pregano chissà quante altre cose eroiche possiamo addebitarci, proprio per questo siamo messi al riparo dalla vita, con tutte le sue sciagure. Anziché, proprio in virtù della nostra fede, Dio ci possa risparmiare dolori, sofferenze, noie. In realtà, capiamo che questo è un atteggiamento molto infantile, che, nonostante tutto, ci abita e rischia di impossessarsi di noi. Cosa vuol dire per noi essere discepoli di Gesù? Certamente non avere dei privilegi, ma fare del privilegio e del dono di essere uniti a lui, un compito, una responsabilità che ci fa attraversare la vita con i suoi stessi sentimenti, con la forza del suo amore e del suo orizzonte. Scrive don Mario Guariento a proposito del nostro vivere l’Eucarestia: L’unione del cristiano con Gesù Cristo, postulata dall’Eucaristia, deve attuarsi nelle realtà della vita del cristiano, che unita e conformata a quella di Gesù, ne riproduce le caratteristiche e ne assume la destinazione. Invece di abbandonarci a lei per farci accompagnare a vivere e morire con Gesù – quindi come Gesù – le si chiede di guarirci dal male, di proteggerci dalle disgrazie, di salvarci dalla morte; in una parola di concederci un’esistenza diversa da quella di Gesù.
Credo che questo tempo di Quaresima, con tutte le sue proposte di preghiera, digiuno e carità (nelle mille sfumature che ciascuno saprà come declinare per sé) possa essere un’occasione propizia per ospitare nel nostro cuore le visioni dell’uomo Gesù, per farle nostre, per affrontare le prove della nostra vita da discepoli.