24 maggio 1877. Festa di Maria Ausiliatrice. Madre Mazzarello conduce le suore della prima comunità di Mornese al santuario delle Grazie a Lerma, per una passeggiata ricreativa. A metà strada il gruppo si ferma per riposare un po’ all’ombra di qualche albero. Mentre siedono attorno alla superiora cantando una lode e contemplando la bellezza della natura, spunta tra gli alberi, attirata da quel vociare allegro e festoso, una bambina sporca e cenciosa. Appena la vede, la Madre la chiama subito a sé, le offre un po’ di pane e le rivolge con tenera familiarità alcune domande. Il bisogno immediato della bambina è chiaro: ci vuole certamente qualcosa da mangiare, ma poi anche un bel bagno e un abito nuovo, dignitoso.
Con l’aiuto di tutte
Allo sguardo capace di vedere il bisogno, quindi, segue l’operosità della mano. A nessuna viene in mente di aspettare un momento migliore, la bambina non viene invitata a tornare domani. La Madre, al contrario, si rivolge alle suore per suscitare la collaborazione responsabile di tutte. A una chiede di portare la bambina al ruscello e di lavarla per bene. Poi passa in rassegna le sottane delle suore e delle novizie, in cerca della più bella. Con l’aiuto di alcune altre inizia a tagliare un vestitino nella stoffa della sottana. Intanto la bambina ritorna. Mentre il vestito viene confezionato, le fanno un piccolo catechismo, semplice e divertente. Poi la congedano non senza averle dato gli avanzi della stoffa e un po’ di cibo per la madre e i fratellini.
Donne libere e pronte
“Fate con libertà ciò che richiede la carità”, amava ripetere Madre Mazzarello alle prime Figlie di Maria Ausiliatrice. E non era di certo un modo di dire, ma la messa in parole di una verità di fede vissuta, incarnata nella vita quotidiana. Soltanto l’amore, infatti, rende liberi. E queste povere donne di campagna erano libere davvero, nella loro capacità di affetto fraterno, di amicizia sincera e di carità sempre pronta al dono, anche a costo di qualche sacrificio. Il necessario per cucire, che ognuna di esse portava sempre con sé in una tasca nascosta all’interno dell’abito è un simbolo potente di quella prontezza a far fronte alle necessità che caratterizzava la prima comunità. Il lavoro di sarte, imparato ed insegnato dalle prime sorelle per dare un futuro alle ragazze del paese era un atto d’amore, dal primo punto d’ago fino all’ultimo.
Oggi come allora
L’impegno per l’educazione è un impegno concreto, oggi come allora, che si realizza in tante piccole e grandi azioni e attenzioni, che toccano la vita dei bambini e dei giovani che ci sono affidati. Siamo davvero sempre pronti a mettere la nostra professionalità, piccola o grande che sia, a servizio dei bisogni vitali ed educativi dei giovani? Quali azioni dicono la nostra libertà e prontezza nel donare? Siamo capaci di fare rete, per far fronte insieme alle necessità delle famiglie e delle persone che incontriamo?