La morte non è mai opportuna, come non lo è la malattia, la fame, la guerra. La sofferenza non arriva mai al momento giusto. È sempre guastafeste. In qualunque momento arrivi, risveglia la domanda: perché tutto questo? Perché in questo modo? Perché adesso? Perché a me? Le false certezze crollano, nel momento in cui questo ospite importuno ci costringe a rinunciare ai nostri progetti e alle nostre illusioni sul presente e sul futuro. Solo ciò che è veramente saldo rimane e, paradossalmente, molti di noi, che prima sembravano davvero sicuri di sé, ora sono in preda alla paura. E la paura si manifesta in tanti modi: chiusura, pessimismo, disperazione.
Una speranza certa
Alcuni anni fa ho avuto la grazia di accompagnare una persona adulta a ricevere il battesimo. «Ero atea», mi disse un giorno durante uno dei nostri colloqui, «e pensavo che questo mi rendesse libera. In realtà ogni mia scelta era condizionata da una terribile angoscia della morte. Poi, un giorno, ho sentito in ogni fibra del mio essere che Dio esiste e che la morte non è l’ultima parola». È l’esperienza di San Paolo a Damasco, che rimane folgorato dall’incontro con Gesù Risorto e a partire da quel momento inizia una vita nuova. La risurrezione di Gesù è per Paolo il fondamento della fede, della speranza e della carità, al punto che non si può essere cristiani se non si ha fatto sulla propria pelle l’esperienza di questo incontro con Gesù vivo e presente che ci offre la possibilità, grazie al dono del suo Spirito, di iniziare già qui ed ora la nostra vita di risorti (cfr. Rm 8,31-38).
Amare e servire
All’inizio della settimana santa, nell’omelia della domenica delle Palme, Papa Francesco ci ha invitato ad amare e servire come Gesù. Ha aggiunto, però, che non possiamo amare se non ci siamo prima lasciati amare da Dio e non possiamo servire se non ci lasciamo servire da Lui. Come ci ama Dio? Dio ci ama donandosi continuamente a noi: attraverso la bellezza della creazione, attraverso la presenza di coloro che ci vogliono bene e si prendono cura di noi, attraverso il dono del suo Spirito che Egli elargisce continuamente e con abbondanza a tutti coloro che lo chiedono con fede e con cuore aperto. Ci ama al punto da affrontare la morte di croce per dimostrarci che la morte non è l’ultima parola, ma la resurrezione.
Prima la gratitudine
L’unica chiave capace di aprire il cuore all’azione di Dio è la gratitudine. In questi giorni santi, prendiamo il tempo per fermarci a ringraziare, anche se siamo nel dolore. Facciamo memoria di tutto ciò che abbiamo ricevuto, facciamo memoria di tutti coloro che ci hanno amato ed hanno dato la vita per noi, cominciando dal Signore Gesù. Allora lo Spirito santo troverà spazio nel nostro cuore per seminare quei gesti di carità e di servizio adatti al momento presente e capaci di prolungare in questo mondo sofferente il miracolo della resurrezione di Gesù. E, nonostante tutto, sarà davvero una buona Pasqua!