Se Gesù fosse vissuto nel nostro tempo, molto probabilmente avrebbe guardato con interesse al cinema. Il Vangelo stesso ci mostra come egli abbia fatto un uso sapiente della narrazione: parabole, apologhi, immagini tratte dalla vita quotidiana, capaci di toccare il cuore degli ascoltatori. Quelle brevi storie, inventate ma verosimili, avevano la forza di coinvolgere, scuotere, provocare decisioni. La parabola del seminatore, il granello di senape, il buon samaritano o il padre misericordioso sono esempi che mostrano quanto Gesù fosse capace di parlare al cuore usando la fiction. In questo senso, il cinema — narrazione visiva e sonora, immersiva e coinvolgente — può essere visto come erede di quel metodo: raccontare storie per rivelare la verità più profonda della vita.
Il cinema come linguaggio complesso
Un film non è semplicemente una storia: è un’opera d’arte complessa, costruita grazie a un intreccio di linguaggi — immagini, suoni, dialoghi, luci, montaggio — che producono un forte impatto emotivo. Questa forza, tuttavia, è ambivalente: da un lato permette un’immedesimazione intensa; dall’altro espone al rischio di manipolazione. Viviamo immersi in contenuti audiovisivi: serie, film, video, social. Ma non sempre abbiamo gli strumenti per interpretarli. Da qui l’urgenza di una “educazione al cinema”, capace di formare spettatori consapevoli, cristiani che sappiano accogliere il messaggio, distinguere le intenzioni dell’autore, riconoscere i movimenti che le immagini suscitano nel cuore.
Perché il cinema interessa la pastorale
Il cinema, perciò, non è solo intrattenimento. È una risorsa educativa e pastorale di grande valore. La visione di un film, seguita da un dialogo comunitario, può diventare palestra di discernimento: non solo perché stimola riflessioni intellettuali, ma soprattutto perché suscita emozioni, domande, risonanze interiori. Il cineforum, in questa prospettiva, non è un’attività ricreativa accessoria, ma un luogo di formazione spirituale. Attraverso il confronto tra ciò che un film suscita e la luce della Parola di Dio, i credenti imparano a riconoscere i movimenti dello Spirito nella propria vita.
Il cineforum come palestra di discernimento e di educazione alla fede
Il momento del dialogo dopo la visione è decisivo. Esprimere impressioni, confrontarsi, ascoltare le reazioni altrui aiuta a prendere coscienza di ciò che il film ha smosso. È un esercizio spirituale: imparare a dare un nome alle emozioni, alle domande, alle inquietudini che nascono. Questo processo è molto simile al discernimento ignaziano: riconoscere i movimenti interiori, distinguere quelli che avvicinano al Vangelo da quelli che allontanano. In questo senso, il cinema non è solo specchio della realtà, ma anche via per riconoscere la presenza di Dio nelle pieghe della vita quotidiana.
Cinema e Bibbia: un dialogo fecondo
Ogni film, se visto con sguardo di fede, può risuonare con pagine bibliche. Allenarsi a questo parallelismo aiuta a leggere la vita stessa alla luce della Parola. Così come una parabola illumina l’esistenza, anche una scena cinematografica può diventare rivelazione. La Scrittura non esaurisce la Parola di Dio, ma ne custodisce il cuore. E Dio continua a parlare attraverso molteplici linguaggi, inclusi quelli dell’arte e del cinema. In definitiva, il cinema non sostituisce la Parola, ma può esserne un alleato prezioso. Se vissuto con consapevolezza, diventa strumento pastorale, educativo e spirituale. Non si tratta di cercare film religiosi in senso stretto, ma di allenare lo sguardo a riconoscere i segni del Vangelo nascosti in ogni narrazione. Proprio come Gesù nelle parabole, il cinema ci mette di fronte a storie che ci interrogano, che ci chiedono di prendere posizione, di decidere. E in questo, forse, sta la sua più grande affinità con il linguaggio della fede: impossibile restare indifferenti.
