CINESCHEDA è una rubrica di cinema on line che si propone di mettere a disposizione contenuti e schede didattiche di approfondimento per tutti coloro che amano leggere la vita attraverso la pellicola cinematografica.
«Noi sappiamo che sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto quest’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima, fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa che nessuno vedrà mai, o forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà.»
Michelangelo Antonioni
Le nuotatrici
Una storia vera
Il film racconta la storia vera delle sorelle Yusra e Sarah Mardini, fuggite nel 2015 da una Damasco continuamente minacciata dai bombardamenti. Entrambe nuotano a livello agonistico, allenate dal padre. La più piccola, Yusra, aveva già partecipato ai campionati mondiali di nuoto del 2012 rappresentando la Siria e sognava le Olimpiadi. Giunte in Germania, dopo un viaggio clandestino a dir poco rocambolesco, Yusra riesce a riprendere gli allenamenti e viene selezionata per entrare a far parte della prima Squadra Olimpica di Rifugiati che gareggerà a Rio nel 2016. Il lieto fine della pellicola, un tributo dovuto al coraggio e alla tenacia delle due sorelle, non copre tuttavia la salutare amarezza suscitata nello spettatore dal contatto con tanta sofferenza dei profughi e tanta indifferenza di coloro che potrebbero e dovrebbero rendere il loro fardello meno pesante.
Nuotare per salvare gli altri
Fin dall’inizio del viaggio, le due sorelle si distinguono per la loro attenzione agli altri. Rendendosi conto delle condizioni di estrema precarietà del gommone sul quale devono viaggiare dalla Turchia alla Grecia, Sarah, che è un leader naturale, prende in mano la situazione ed affida ad ogni persona capace di nuotare un’altra che non lo è, in modo da assicurarsi che nessuno venga lasciato indietro in caso di naufragio. Quando poi il motore si rompe e il gommone inizia ad imbarcare acqua, è Yusra a prendere l’iniziativa, gettandosi in acqua per alleggerire il carico. Il rischio è grande, ma è chiaro che non c’è altra via per raggiungere la riva. Anche Sarah, perciò, si getta in mare, seguita da altri due passeggeri: insieme traineranno il gommone in salvo. L’arrivo sulla spiaggia di Lesbo, che tante volte abbiamo visto nei telegiornali, è straziante: al gruppo di profughi non è rimasto altro che la vita. Le poche cose che avevano portato con sé, sono state inghiottite dal mare. Ad attenderli, nel mondo nuovo faticosamente raggiunto, soltanto una montagna si salvagente, segno silenzioso dei tanti che sono arrivati prima di loro. Una montagna di dolore, di paura e disperata speranza.
Gemelle diverse
Yusra e Sarah hanno pochi anni di differenza e quando le vediamo in piscina, con cuffia in testa ed occhialini, fatichiamo quasi a distinguerle. Il padre vorrebbe che entrambe si dedicassero al nuoto anima e corpo. L’affetto che le lega, inoltre, è profondo e sincero. Proprio il fatto di avere molto in comune, forse, le costringe ad un faticoso processo di differenziazione. La passione che Yusra mette nel nuoto, Sarah la metterà nel servizio umanitario, a causa del quale finirà addirittura in galera. In un primo momento, la necessaria differenziazione di Sarah, viene percepita dall’ambiente circostante, da Yusra soprattutto, quasi come un tradimento della famiglia e degli insegnamenti ricevuti dal padre. Si tratta di un’esperienza comune, sulla quale è bene fermarsi a riflettere: siamo capaci davvero di amare l’altro come un fratello anche quando è diverso e le sue scelte lo portano lontano da noi?