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Nessuno escluso!
Siamo tutti poco meno degli angeli, nessuno è escluso dalla speranza, nemmeno il più povero e il più puzzolente: siamo tutti a immagine di quel bambino, chiamati alla stessa dignità di Dio!
Per quale motivo Dio, per salvarci, aveva la necessità di farsi uomo? È come un grande e ricco re, che decide di privarsi di ogni bene ed essere, così, povero come noi, diventando servo e scegliendo allo stesso tempo un piano d’amore inestimabile.
Essere niente
La gloria del Signore li avvolse di luce. La gloria di Dio non illumina la mangiatoia, ma l’angelo e il suo annuncio, perché la luce è proprio la Parola di Dio, che rivela ciò che Dio compie. Tale Parola raggiunge molte altre persone umili e ignare di tale bene: i pastori vengono illuminati. Sono proprio loro che portano la rivelazione, permettendo di riconoscere in un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia il Salvatore, Cristo Signore. La salvezza inizia in persone e situazioni ordinarie, perché nessun uomo se ne senta escluso. Con il suo essere niente, un neonato di una famiglia povera in un luogo ancora più povero, il Figlio di Dio che nasce sconvolge i criteri umani di valore, perché ognuno possa sapere di essere prezioso, nelle azioni di ogni giorno, anche con la propria stanchezza, d’altronde, dice la Parola: Troverete un bambino adagiato in una mangiatoia.
Per riflettere
Questa immagine evocativa apre molte possibilità di riflessione. Ecco alcune domande che potrebbero stimolare una riflessione profonda osservando le mani rugose di un uomo che ha vissuto la sua vita.
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In che modo queste mani possono essere simbolo di una dignità che non si perde con il tempo e la povertà?
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È possibile comprendere la scelta di Dio di incarnarsi in una condizione umile e povera? Cosa implica per noi essere chiamati a somigliare a Lui, nonostante le nostre debolezze?
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In che modo la fede in Dio come modello di perfezione e di amore ci dà la forza di andare oltre le difficoltà della vita quotidiana? La speranza di somigliare a Lui è un cammino che si realizza solo nella sofferenza o può anche essere una gioia?
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Come possiamo riconoscere la presenza di Dio nelle nostre sofferenze quotidiane? Se Dio si è fatto povero, quale significato possiamo attribuire alle nostre difficoltà quotidiane come momenti di incontro con Lui?
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