Il coraggio di ricominciare
Senza tanti preamboli, dalla prima inquadratura il film ci catapulta nella routine quotidiana di un centro di accoglienza per donne senza fissa dimora: l’attesa al cancello; la coda per la doccia; l’attenzione personalizzata delle operatrici del centro. Tanto lavoro, non molte soddisfazioni. Un continuo ricominciare. Finché l’amministrazione municipale non annuncia la chiusura dell’opera: il tasso di reinserimento sociale delle donne assistite è troppo basso. Perché continuare a spendere senza risultato? La brutta notizia, che potrebbe spingere le responsabili, Manu e Audry, a tirare i remi in barca, scatena invece la loro creatività. Grazie all’aiuto di alcuni volontari e non senza pagare di persona, riusciranno a trasformare l’apparente sconfitta in opportunità di denuncia e di riscatto sociale.
Quasi un documentario
L’ironia pungente e il realismo prosaico caratterizzano la narrazione di questa brillante commedia sociale, che a tratti sembra un documentario, senza mai mancare di pudore nei confronti delle sue protagoniste. La violenza della strada, la disperazione dell’abbandono, non vengono sbattute in faccia allo spettatore, ma soltanto insinuate in modo sottile eppure efficace. Il film è il frutto dell’esperienza diretta del regista, il quale, prima di iniziare le riprese, ha frequentato per un anno centri di accoglienza per donne senzatetto, raccogliendo le testimonianze delle donne che vi trovano rifugio e di quelle che le accolgono. Circa una dozzina di queste donne, che hanno conosciuto la vita della strada, ha preso parte al film, recitando accanto alle attrici professioniste e impersonando ruoli ispirati alle loro storie di vita.
«Tu sei prezioso ai miei occhi»
Il film mette in evidenza la fatica delle nostre società ad occuparsi di chi si trova ai margini, l’incapacità delle istituzioni di farsi carico degli individui più fragili. Essere «ciechi» al dolore di chi ci sta accanto, alla sua fragilità, al suo bisogno, profondamente umano, di essere riconosciuto, amato: non c’è forse un modo più crudele di togliere all’altro la sua dignità di persona umana. Anche se spesso è la paura che ci rende ciechi e indifferenti. È questa forse la lezione più importante che Audry e Manu ci possono insegnare, insieme alle donne di cui si prendono cura con fatica e passione. Soltanto nello sguardo di un altro che riconosce il mio valore e la mia dignità, la mia vita è riscattata, salvata (cfr. Isaia 43). E questo vale indistintamente, per ogni uomo e ogni donna di questa terra.
Sr Linda Pocher, FMA
Docente di Spiritualità mariana
presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”