L’adolescenza è una età della vita ricca di eccessi e di sfide. È il momento in cui tutto il potenziale creativo della persona si risveglia, sia sul piano biologico, che su quello psicologico e spirituale. L’adolescente sogna in grande e ha bisogno di spazio per sperimentare sé stesso e le proprie capacità; per conoscere i propri limiti ed imparare a superare le difficoltà che la vita, inevitabilmente, porta con sé. Maria Domenica Mazzarello, futura fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha avuto la grazia di vivere gli anni della sua adolescenza e giovinezza come il tempo più appassionante ed avventuroso della sua vita.
La vita alla Valponasca
La famiglia si trasferisce alla Valponasca, una Cascina sulla collina, proprio quando Maria Domenica, sul finire dell’infanzia, diviene capace di una certa autonomia di movimento e di collaborare con il padre nel lavoro della vigna. Nel contatto quotidiano con la natura, nella soddisfazione che dà l’esperienza di riuscire nel lavoro, Maria Domenica trova uno spazio in cui esprimersi e sperimentarsi. Grazie alla sua appartenenza ad una associazione di ragazze che collaborano con il parroco nella cura pastorale del paese, scopre con entusiasmo di poter essere un dono per coloro che hanno bisogno di aiuto, di istruzione, di conforto.
La personalizzazione del cammino di fede
Sono anni importanti, anche dal punto di vista della fede. L’incontro con Cristo, vissuto soprattutto nell’Eucarestia, e la scoperta di essere amata e di saper e poter amare diventano il centro propulsore della sua vita. Gli impegni di lavoro, i servizi resi in famiglia, non sono obblighi, ma frutto di uno slancio del cuore. Quando è ancora buio, scende al pozzo per prendere l’acqua per i bisogni della casa, poi corre in paese per l’eucarestia quotidiana. Al termine della giornata di lavoro nella vigna, si ferma assorta in preghiera davanti a una finestra, dalla quale si vede il campanile della parrocchia. Anche il lavoro che si accorge di dover fare su sé stessa, per moderare la propria irruenza e per sradicare la vanità, lo affronta con lo slancio di una giovane innamorata.
Oggi come allora
La tragedia sommersa, nella situazione causata della pandemia, riguarda milioni di adolescenti, privati senza appello dello spazio fisico e psicologico di esprimersi, di sperimentarsi, di essere sé stessi. A dir la verità, il processo di riduzione di spazi nei confronti delle nuove generazioni non è un fatto nuovo. Gli adulti tendono già da tempo a riempire tutto, a proteggere troppo, a deresponsabilizzare. E se l’unico spazio in cui si può respirare, senza controllo e – apparentemente – senza limiti è la rete, è chiaro il perché tanti ragazzi e tanti giovani riversino i loro sogni, paure, aspettative proprio lì. Quali alternative stiamo loro offrendo? La pandemia non ha fatto che mettere il piede sull’acceleratore. Siamo sicuri che questi ragazzi siano così diversi, nel loro affacciarsi al mondo, da coloro che li hanno preceduti? O siamo forse noi adulti, ad aver costruito un mondo, in cui non c’è posto per loro?