CINESCHEDA è una rubrica di cinema on line che si propone di mettere a disposizione contenuti e schede didattiche di approfondimento per tutti coloro che amano leggere la vita attraverso la pellicola cinematografica.
La grazia salvifica del cinema è che con pazienza e un po’ d’amore, possiamo arrivare a quella creatura meravigliosamente complessa che si chiama uomo.
Jean Renoir
La battaglia di Hacksaw Ridge
La storia vera di un obiettore di coscienza
Il film racconta la storia vera di Desmond Doss, giovane cresciuto sulle montagne della Virginia in una famiglia segnata dalla violenza del padre alcolizzato. Desmond sogna di fare il medico, per salvare la vita delle persone. Nel frattempo, però, il fronte giapponese della seconda guerra mondiale dà del filo da torcere agli americani. Quando i suoi coetanei si arruolano, Desmon decide che alla guerra vuole prendere parte anche lui, non però per uccidere, ma per curare. In quanto cristiano avventista e obiettore di coscienza, infatti, rifiuta categoricamente di imbracciare il fucile, neppure in caso di legittima difesa. La prima parte del film racconta l’addestramento di Desmond, bullizzato dai compagni e dai superiori, che lo trattano come un vigliacco. La sua resistenza e determinazione, però, gli permettono di guadagnare lentamente la loro fiducia. La seconda parte del film racconta il suo gesto eroico durante la battaglia di Hacksaw Ridge, dove, a rischio della sua stessa vita porta in salvo decine di compagni.
Quando il cinema diventa propaganda
«Da William Wallace a Desmond Doss – scrive Marzia Gandolfi nella sua recensione al film – passando per il figlio di Dio e un cacciatore Maya, il protagonista del cinema di Mel Gibson è sempre lo stesso: il guerriero. Guerriero che attraverso un percorso iniziatico realizza la propria identità e impara a dominare gli eventi». In effetti, ciò che stupisce nel film, è che non vi è alcuna condanna della guerra. La guerra, al contrario, viene presentata come una necessità. Il nemico deve essere sconfitto, in quanto minaccia la patria e i valori che la rappresentano. L’obiezione di coscienza di Desmond è una scelta personale, che riguarda il modo in cui prendere parte all’impresa, ma il senso e l’opportunità dell’impresa non viene affatto messo in discussione. La fede di Desmond, allo stesso modo, è tutta d’un pezzo, senza incrinature e continuamente sbattuta in faccia a suoi compagni di guerra e allo spettatore. Come altri film di Mel Gibson, il racconto storico sconfina decisamente nell’epopea, per non dire nella propaganda ideologica dei valori Dio – patria – famiglia.
Riflettere sulla comunicazione in tempo di guerra
Nel tempo in cui viviamo, segnato da una moltiplicazione dei conflitti e dalla strumentalizzazione mediatica delle ragioni e delle azioni degli attori in gioco, la visione del film può essere costruttiva, se compiuta con spirito critico. È interessante notare, ad esempio, che il nemico è totalmente spersonalizzato: mentre i soldati americani hanno un volto, un nome, caratteristiche personali e relazioni famigliari, i giapponesi vengono inquadrati raramente in volto, sembrano tutti uguali, raramente vengono tradotti quando parlano e questo dà l’effetto di un’orda di barbari che emette suoni incomprensibili. A un certo punto Desmond, per sbaglio, porta in salvo il corpo di alcuni di loro. Il commento del soldato americano che se ne accorge è che, per fortuna, sono morti. Al nemico viene restituita la dignità soltanto nel momento in cui i capi dell’esercito giapponese, coscienti della sconfitta, si tolgono la vita secondo la tradizione samurai.